10 Ottobre 2022 - Luciano Zerega - Divulgazione

Economia circolare nelle piccole comunità: Riduci, riusa, ricicla e recupera

Da tempo sentiamo le parole “economia circolare” e l’aggettivo “sostenibile”. Spesso dimentichiamo di cosa parliamo, dunque proviamo a vedere di cosa si tratta e perché può cambiare il paradigma della produzione lineare “estrai, produci, consuma, smaltisci” caratteristico del secolo scorso.

Senza raccontare come la produzione lineare ci abbia abituato a comprare una bottiglia d’acqua, bere e poi gettare l’involucro nel cestino, oggi sempre più spesso si è assunta consapevolezza dell’inquinamento provocato e di come sia più salutare per tutti usare la propria borraccia. Ci possiamo limitare solo a questo semplice gesto? Assolutamente no!

Nel 2017 lo studio “Conceptualizing the circular economy: an analysis of 114 definitions” ha teorizzato l’esistenza di almeno 9 strategie R e numerose combinazioni possibili di esse. Abbiamo le strategie di rifiutare o di ripensare un prodotto, la prima richiede la sostituzione come l’esempio della borraccia, il secondo richiede la condivisione di un prodotto, come un’automobile. Abbiamo le strategie del ridurre, riuso, riparare, rinnovare, rifabbricare, riqualificare, tutte da utilizzare per estendere la vita del prodotto e delle sue parti. Infine, e non meno importanti abbiamo riciclo e recupero dell’applicazione utile dei materiali.

Nel complesso, l’economia circolare è, per sua natura, un’economia di recupero. Non si tratta tanto di “fare di più con meno” ma, piuttosto, di fare di più con ciò di cui già disponiamo. In altre parole, l’economia circolare si basa sostanzialmente sull’eliminazione delle opportunità perse, risolvendo il problema dello scarso utilizzo. Ad esempio, in un solo anno solare, solo il 40% della spazzatura e dei rifiuti prodotti in Europa sono stati riciclati. Gli autoveicoli esistenti in Europa restano parcheggiati per il 92% del tempo e che gli uffici commerciali vengono utilizzati solo al 35-40% durante le ore lavorative. Sulla scorta di tali conoscenze, aumenta la possibilità di implementare nuovi livelli di efficienza attraverso tutti i settori e gli stili di vita. Vediamo alcuni:

Car sharing, ossia la condivisione dell’automobile. Servizi di questo genere esistono già in grandi città italiane come Roma e Milano. Un servizio in cui più soggetti si organizzano per condividere la propria vettura, attraverso un percorso stabilito a priori, oppure offrendo un passaggio a chi un veicolo non lo possiede. Uno stile di vita che favorisce non solo la riduzione delle emissioni pro-capite, ma anche i livelli di traffico e il tempo di tragitto. Ad esempio, Moovit nella modalità car sharing indica gli automobilisti che partecipano e da dove partono, e che potrebbero avvicinarmi al luogo di destinazione.

Bike sharing e mobilità ad emissione zero. Cosa pensereste se vi dicessi che soltanto il 17% degli spostamenti interni alla città di Ciampino sono ad emissione zero? Favorire servizi di bike sharing, insieme alla messa in sicurezza stradale, oltre che favorire spazi di sosta e di parcheggio in sicurezza per la mobilità leggera. È evidente come la pandemia di Covid-19 e i costi energetici, gli italiani stiano ripensando la propria mobilità.

Co-working, ossia condivisione dello spazio lavorativo. In questa ottica gli uffici o locali commerciali possono essere ripensati come spazio di co-working, nei quali un insieme di soggetti si organizzano per “abitare” uno spazio in termini di efficienza economica, oltre che ambientale. Tra i tanti progetti, importante è l’esperienza di Officine Zero, che ha creato uno spazio di co-working qui a Roma, ma anche laboratori di falegnameria e metallurgia leggera in grado di accogliere gli artigiani nell’idea di economia circolare coinvolgendo anche designer, così attivando una realtà economica e sostenibile.

Second-hand market, ossia un mercato dell’usato. Seppure possa sembrare una cosa molto “hipster”, realmente nel 2022 l’utilizzo di spazi digitali e non come luoghi di scambio di materiale di seconda mano è fortemente in crescita. Oltre la coscienza ambientalista, tutti abbiamo acceso ad una delle tantissime App disponibili sui nostri smartphone per vendere il nostro usato. Perché non ripensarlo in termini locali, abbattendo così le emissioni delle spedizioni?

Riqualificazione e rigenerazione degli spazi urbani pubblici o privati. Pensiamo all’edificio dei Fratelli Spada a Ciampino, vecchia sede del cartificio, ormai chiuso e in stato di abbandono dal proprietario privato. Ripensare spazi del genere in un’ottica comunitaria sviluppando un punto di riferimento per l’economia circolare e ridando vita ad un edificio destinato all’economia lineare. Il vecchio che diventa nuovo.

Incentivo delle imprese green, ossia le imprese che si occupano di economia circolare. Chi lo avrebbe mai detto che ripensare un modello economico poteva generare nuovi posti di lavoro? Così è per la provincia di Roma e la città di Roma che secondo il CESISP presenta più di 30 mila imprese nel settore, con occupazione in crescita ed uno dei tassi più elevati di imprese nel settore green e circolare – circa il 32% sul totale.

Non possiamo dimenticare però la cura del territorio, tenendo conto della dispersione della rete idrica, l’efficienza del suolo, la raccolta dei rifiuti, depurazione e riduzione idrica, inquinamento dei PM10. Nelle grandi città l’economia circolare non abborda solo i temi dei processi produttivi, ma anche di “condivisibilità sociale”, input sostenibili, uso dei beni durevoli come servizio, “end life” ed uso efficiente delle risorse.

In conclusione, se volete cominciare anche voi, prendetevi una borraccia, organizzatevi con gli amici per i passaggi, usate i social per vendere il vostro usato piuttosto che buttarlo e se avete una bicicletta vecchia, riprendetela in mano invece di prendere l’automobile per spostarvi da un posto all’altro della nostra piccola città in provincia.