23 Novembre 2016 - Silvia Babolin - Divulgazione

Non una di meno. Facciamo la conta (e i conti)

Non una donna di meno: in Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa per mano di un uomo, spesso all’interno del suo nucleo familiare, che avanza pretese di avere il controllo sulla sua vita, delle sue relazioni e dei suoi sentimenti. È un fenomeno trasversale, che non ha tempo, età,  territorialità, non ha categorie, non è frutto di emarginazione, non appartiene ad un basso ceto sociale. E necessita di interventi a tutto campo: dall’educazione delle nuove generazioni al rispetto e all’affettività, alla garanzia di protezione, assistenza e un posto sicuro dove poter ricominciare a tutte le donne che trovano la forza di denunciare violenze e maltrattamenti. 

Non una ragazza di meno: in molte parti del mondo il fenomeno delle spose bambine ruba l’innocenza e la possibilità di completare l’adolescenza a milioni di minorenni, così come altrettante vengono imprigionate con la violenza nella rete dello sfruttamento della prostituzione, anche in Italia.

Non una bambina di meno: circa tre milioni di bambine subiscono ogni anno la pratica inumana della mutilazione genitale femminile, una vera e propria tortura vòlta a privare la donna del controllo del proprio corpo e di un sereno sviluppo fisico, psichico e sessuale. Gli infanticidi femminili sono invece un milione e mezzo: ci sono ancora famiglie in cui, per motivi culturali o economici, nascere donna potrebbe voler dire non avere il diritto di sopravvivere.

Non una studentessa di meno: i due terzi degli analfabeti adulti e il 54% dei 121 milioni di bambini che non hanno accesso all’istruzione in tutto il mondo sono femmine. Una donna che riceve un’adeguata istruzione è il pilastro cardine di una cultura e di una società dignitosa: possono acquisire la capacità di autodeterminarsi in campo sociale, economico, culturale e familiare, spingendo anche le generazioni future a fare altrettanto. In ambito accademico, poi, la carriera femminile non è priva di ostacoli: in Italia, ad esempio, le donne sono la maggioranza di laureati e dottori di ricerca, ma rimangono in minoranza tra ricercatori, professori associati e ordinari (rispettivamente 45,6, 35 e 21,1 per cento).

Non una professionista di meno: anche nei paesi più sviluppati, il tasso di disoccupazione femminile è più alto della controparte maschile, mentre poche donne raggiungono posizioni di vertice in tutte le professioni e in Italia il loro salario è in media il 12% più basso di quello degli uomini, con picchi del 36% nei lavoratori laureati. 

Non una cittadina di meno: per noi sembrerà banale, ma in alcuni Paesi non esistono uguali diritti e doveri civili per uomini e donne, così come non sono uguali davanti alla legge. Oltre ad esporre tutte le donne al rischio di soprusi tollerati (o peggio autorizzati) dallo Stato, impedisce loro l’accesso all’attività politica e la possibilità di diventare rappresentanti della propria causa di fronte alle istituzioni, perpetrando così la violazione dei diritti umani e il divario di genere. 

Non un motivo di meno per celebrare tutti insieme e in tutto il mondo, il 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e per scendere in piazza sabato 26, per ribadire tutti insieme il nostro rifiuto di ogni forma di violenza -fisica, psicologica, culturale, sociale-.
Noi ci saremo, e tu?