20 Marzo 2015 - Redazione - Divulgazione

Rapporto “mafie nel Lazio”, la consapevolezza di un fenomeno che ci riguarda

La mafia nel Lazio esiste ed è in espansione. E’ un fenomeno più profondo anche rispetto al clamore mediatico delle indagini e degli arresti eccellenti, perché la mafia nel Lazio infetta la quasi totalità del territorio e produce il 14% delle operazioni finanziarie malavitose di tutta Italia, seconda regione dopo la Lombardia. Sono i dati che emergono dal rapporto presentato ieri dall’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio in collaborazione con Libera Informazione.

Ottantotto clan in tutta la regione, tra i quali sono in aumento quelli autoctoni, cioè non importati da altre realtà come quelle del mezzogiorno. Gli indagati per associazione mafiosa nel 2014 sono 834, i beni sequestrati 849. Numeri importanti e spaventosi. La presenza dei clan si concentra soprattutto nella Capitale, nel sud pontino e nella provincia di Roma.

 Ci impressiona, ma non ci stupisce, il resoconto che si fa della presenza mafiosa ai Castelli e sul litorale romano, dove gli elementi di matrice mafiosa sono all’ordine delle cronache giornaliere e sotto i nostri occhi costantemente: dalle automobili incendiate per avvertimento agli episodi di estorsione, dalle indagini sullo smaltimento rifiuti al riciclaggio di denaro da parte di clan autoctoni e non, i quali sempre più spesso utilizzano le strutture del territorio dei Castelli (soprattutto ricettive) per riciclare introiti provenienti dalla Capitale.

Condividiamo totalmente le parole del procuratore aggiunto della Dda di Roma, Michele Prestipino, il quale ha avvertito dell’esigenza di una forte collaborazione della società e della politica accanto all’attività giudiziaria, di una “coalizione antimafia” che parta dalle realtà organizzate del nostro territorio, dai sindacati, dalle associazioni, dai partiti e da tutti i cittadini onesti. Un’esigenza che nasce però dalla consapevolezza, combattendo di pari passo la negazione del fenomeno o anche il suo “riduzionismo”, che può produrre effetti ancor più devastanti, “in quanto non nega il fenomeno ma lo sminuisce fino a scioglierlo nel tutto. Per cui tutto diventa lindo, impalpabile e quindi inesistente”.