16 Settembre 2016 - Redazione - Beni Comuni e Territorio

Roghi tossici: Il superamento dei campi rom è fondamentale, ma non basta

La nostra associazione da tempo si batte e cerca di fare informazione per ridare un futuro di dignità, legalità e salute alle persone che vivono dentro e intorno al campo “la Barbuta”, che ricade nel territorio capitolino alle porte della nostra città. I cittadini di Ciampino e i residenti nel campo, infatti, ormai da anni vivono sulla propria pelle le conseguenze della pericolosa (ma poco conosciuta) “terra dei fuochi” della periferia romana, caratterizzata dagli imponenti roghi tossici che bruciano tonnellate di rifiuti provenienti da un ciclo di smaltimento illegale, da aziende e privati cittadini che – anche se spesso sono solo tasselli di questo ciclo – sversano illegalmente rifiuti solidi in discariche abusive o direttamente nel campo.

Allo stesso tempo, i residenti della Barbuta vivono ormai da anni in questo lager su base etnica, uno dei tanti ghetti legalizzati a Roma, dove spesso imperversa la legge del più forte, il sopruso o il ricorso ad una vita di espedienti derivante da condizioni di vita degradanti dal punto di vista umano. Alla luce di tutto quello che Officine Civiche denuncia da tempo, siamo sempre molto felici quando veniamo a sapere che una forza politica o un’amministrazione si dice favorevole al superamento di questo sistema-campi che ha provocato solo enormi danni socio-economici alla collettività. Effettivamente l’obiettivo del superamento dei campi è ormai condiviso da tutto lo spettro politico, almeno a Roma, ma quello che ci interessa oggi è sapere come chi governa intende attuare il processo di superamento e come, d’altra parte, si intende porre un freno al ciclo illegale di smaltimento dei rifiuti che vede nei campi rom l’ultimo debole tassello.

Noi crediamo fermamente che le due cose vadano affrontate di pari passo, perché la criminalità ambientale oltrepassa i campi, vive e prolifera a prescindere dall’esistenza dei campi, colpisce le fasce più deboli di tutta la società trasformandole in manovalanza, capri espiatori, terre da avvelenare, quartieri da ghettizzare per i propri affari illeciti. Questa malavita, purtroppo, non si fermerà davanti ad una serie di provvedimenti che tolgono i campi nomadi dalla nostra vista, perché finché esisteranno povertà, disagio sociale e discriminazione, questo sistema criminale troverà persone disposte per disperazione a fare il lavoro sporco e, di conseguenza, continuerà a inquinare il territorio. La situazione dei roghi tossici cela dietro di sé un comprovato sistema di delitti d’impresa, analogamente a quanto accade in altre parti d’Italia dove i roghi non si accendono dentro i campi nomadi, ma nelle campagne impoverite, lungo le strade di periferia, nelle discariche, perfino nei grandi capannoni delle aziende. 

Il superamento dei campi è urgente per ridare dignità alle persone che oggi vivono in una situazione dichiarata illegale dall’Unione Europea, una situazione vergognosa per Roma e per l’Italia intera. La sola esistenza di questi campi è, secondo noi, un segno gravissimo di una società inaridita che rischia la perdita dei valori elementari. Tuttavia pensiamo che il modo in cui si avvierà questo procedimento di chiusura dei campi – se ciò avverrà – , debba essere portato avanti nella maniera più intelligente possibile, cioè evitando logiche pseudo-colonialiste, evitando di impartire una visione a senso unico del rapporto con popolazioni e situazioni familiari composite ed eterogenee, evitando cioè un facile “noi e loro” che rischia di non risolvere il problema della ghettizzazione delle popolazioni romanì, ma di spostarlo in contesti diversi dai campi, dove povertà, de-scolarizzazione, degrado sociale, continuerebbero a imperversare e fornire ancora un terreno fertile per la criminalità, compresa quella ambientale.  

Crediamo infatti che sia compito delle istituzioni intervenire con tutti i mezzi necessari per combattere il sistema criminale della terra dei fuochi romana, ma non ci si può assolutamente permettere di considerare questa situazione illegale come “tipica” dei campi nomadi. Un sistema illegale va fermato a prescindere dal lavoro che si porta avanti per il superamento dei campi, anche perché, nel frattempo, le persone che risiedono dentro e fuori questi luoghi hanno il diritto di vivere sani e liberi dal giogo della mafia. Non si può pensare di lasciare questa situazione illegale libera di spostarsi “altrove”, di seguire le direttrici del disagio e della ghettizzazione culturale in questa metropoli che è ben lontana dal vedere risolti tutti i suoi problemi socio-economici. 

La malavita ambientale va combattuta con scelte politiche chiare, che tengano conto di tutti i “tasselli”, intervenendo amministrativamente per provare ad interrompere un ciclo che passa fin dentro le nostre case (nei roghi bruciano i nostri elettrodomestici o i nostri rifiuti edili, che noi crediamo smaltiti correttamente ma che spesso non lo sono). Servono cioè politiche chiare che non abbiano paura di disporre un controllo sulle aziende del territorio, che non abbiano paura di legiferare contro i reati ambientali (questo soprattutto a livello nazionale o sovracomunale) e che si assicurino che questi reati abbiano dei colpevoli certi e non, come spesso accade, dei capri espiatori. 
Ma, sopratutto, servono piani coraggiosi e continuativi di scolarizzazione, inserimento lavorativo, prevenzione e profilassi sanitaria, da parte delle istituzioni stesse. Sempre evitando modalità emergenziali e assistenzialiste, o specifiche per una singola etnia, ma ripensando il welfare cittadino in funzione delle sue problematiche e di tutti i contesti critici, compresi anche i campi rom. 

Siamo fiduciosi che presto il sistema-campi sarà solo un brutto ricordo e che le terre dei fuochi in Italia verranno prima o poi “spente”, grazie soprattutto alla perseveranza delle battaglie dei cittadini. Noi, da parte nostra, continueremo a vigilare, proveremo a tenere le coscienze sveglie ed incitare tutte le amministrazioni locali, di qualsiasi colore politico, ad affrontare seriamente questi problemi complessi. Speriamo che il buon senso prevalga, ma siamo certi che i cittadini sapranno tenere alta la testa e sapranno, soprattutto, lottare tutti insieme per la salute, per una vita dignitosa e per i diritti di tutti, a prescindere dalla provenienza o dal colore della pelle.